lunedì 20 gennaio 2014

Pretty Little Addiction #4 - "Love ShAck Baby" 4x15

Finalmente una recensione positiva.
Non so se la stavate aspettando oppure no, ma io, con tutta onestà, sì.
Cominciava a dispiacermi di smontare ogni puntata una dopo l'altra, sebbene prendersela con i protagonisti della serie e soprattutto con le discutibilissime decisioni di Marlene King sia troppo divertente per rinunciarci.

Ad ogni modo, per stavolta faccio un'eccezione.

L'ultima puntata, infatti, andata in onda martedì scorso negli States, ha dato una piacevole svolta alle idee che mi ero fatto ed è riuscita a coinvolgermi abbastanza da non farmi tentare dalla decisione di chiudere il portatile e, principalmente, da non farmi annoiare a morte.
Forse c'era solo bisogno di un po' di tempo per rimettere in moto gli ingranaggi e far sì che il sistema riprendesse i vecchi ritmi. Forse.

Fatto sta, ragazzi, che quando c'è Alison, c'è suspence.
Sono convintissimo che, ancora più di Ezra e dell'A Team, Alison sia l'elemento chiave in grado di rendere la serie incredibilmente appetibile, misteriosa e intrigante così come lo è stata, completamente, durante le prime stagioni.

Alison è un personaggio che non può restare indifferente: ha un qualcosa di etereo, sembra e non sembra, a volte pare un fantasma che entra ed esce a suo piacimento nei sogni e nelle illusioni delle povere Liars, a volte è così incredibilmente viva, presente e tangibile da far credere che tutto quello che ha riguardato la sua scomparsa e successiva "morte" sia stato soltanto un colpo di testa, un'esagerata distorsione dell'immaginazione delle quattro ragazze.

E' così quando entra in camera di Emily ed è così quando le lascia il biglietto per incontrarsi nel pomeriggio ( sebbene non possiamo essere certi che fosse effettivamente opera sua e non qualche trappola ): torna, prepotentemente torna e costringe gli altri a ruotare intorno a lei, in nome di una presunta amicizia che forse reale non è mai stata. Ed Emily ci casca. Tentenna, ma ci casa. Proprio quando aveva deciso di mettere da parte il passato, quello torna a prenderla e non la lascia andare via.
<< Non hai idea di cosa abbia passato. >>
E, così come lei, ci casco anche io, che intensamente prego affinchè quella bionda perversa che è Alison si faccia viva su quella dannata roccia in mezzo al bosco, a parlare con la sua compaggna di baci saffici di un tempo e a sussurare mezze verità dall'aria sempre mistica e profetica.

Tornano, finalmente, le atmosfere mistery e quasi paranormali, quegli attimi creepy che tanto ci piacciono: l'automobile ferma in mezzo al bosco, Aria, Spencer, Emily ed Hanna nella tana del lupo, a pochi passi dalla fonte del loro tormento...

'Voglio tornare a casa. Vediamoci al nostro posto'
Ezra, proprio lui. Finalmente comincio a rivalutarlo. Finalmente inizio ad odiarlo.
Ed è una cosa positiva, perchè è lo stesso odio che provavo per Wilden, per Mona, per Garrett ecc.
Il tipico odio che si riversa contro l'antagonista, contro il responsabile delle precarie esistenze di quattro ragazze indifese e con un quoziente intellettivo nettamente inferiore alla media.
Non dico che comincio a temerlo, insomma, ancora lo trovo un po' buffo in quella veste, ma finalmente, l'ho riconosciuto come effettivo antagonista, appunto.
E con armi potentissime dalla sua parte, trovandosi a stretto contatto con le proprie vittime, in particolare una ( che, fra l'altro, non ancora si decide a mandare al diavolo Jake "Pisolino" ).

Sottovalutata, da parte mia, l'importanza del diario di Alison: se Ezra è così interessato ad averlo,
vuol dire che si tratta di un potente mezzo. A parte per quanto riguarda la cavolata assurda ( concedetemelo ) della storia dell' "Adescatrice di bambini"...povera Hanna che viene processata per pedofilia solo per aver pomiciato, un secolo fa, con un ragazzo di due anni più piccolo di lei.
Ma avevo promesso di non essere troppo polemico, quindi lasciamo perdere.

Insomma, l'attenzione in me si è risvegliata: sarà in grado la serie di mantenerla alta e non lasciare che si assopisca tanto in fretta quanto Jake sul divano di casa di Aria?
( Okay, sto esagerando con le battute su Jake, ma non so resistere ).
Speriamo bene.


A presto,
- Lorenzo ;)

mercoledì 8 gennaio 2014

Pretty Little Addiction #3 - "Who's in the box?" 4x14


Ormai è una formula comprovata: lunga attesa, grande delusione.

Lo so, è brutto dirlo, ma è così.

Nuova puntata, nuove mosse, ma siamo sempre a punto e accapo, intrappolati in una buca di sabbie mobili da cui è impossibile uscire se non aggiungendo più ritmo e respiro alla storia che, attualmente, arranca pesantamente e riesce solo ad annoiare. 

Tema principale di questo ritorno "in grande stile" di Pretty Little Liars è il tentativo di fare chiarezza su uno dei punti più ambigui della vicenda Alison: siamo ormai certi che Ali è ancora viva e anche in grave pericolo, ma allora di chi è il corpo che è stato seppelito al suo posto e che per altro la polizia scientifica ha indicato come il suo?
Che il corpo di polizia di Rosewood non sia poi così competente lo abbiamo capito già da tempo, ma un errore così grande implica necessariamente che vi sia sotto qualcosa che non quadra o perlomeno qualcosa che qualcuno ha voluto "casualmente" insabbiare.

Spencer, chiaramente scioccata, riconosce la validità dell'idea di Hanna.


A pensarci, con nostro grande stupore, è questa volta Hanna, che indossa il suo immaginario cappellino da Sherlock e si pone a capo delle indagini: le bastano una ricerca su Google e un paio di email e in men che non si dica riesce a combinare un incontro con due delle amiche di una tale Sara, scomparsa più o meno nello stesso periodo di Ali e in circostanze paurosamente simili.
Purtroppo per noi, però, alcuni dettagli non combaciano, sebbene da parte mia sono abbastanza convinto che la cosa non si chiuda qui, perché la nostra Marlene non inserisce mai personaggi a caso, nonostante mi sia diffcile, a causa della mia piccola testolina, capire dove voglia andare a parare con un'altra delle sue famosissime "genialate".

Normalmente ci avrebbe pensato Spencer a risolvere la questione, ma lei è troppo impegnata a correre dietro al suo piccolo Toby, ancora alla disperata ricerca della verità sul conto di sua madre ( e con un evidente bisogno di un taglio di capelli, dato che pare portare un casco in testa per tutta la durata della puntata ).
Non mi stancherò mai di ribadirlo, e sembra che me lo facciano apposta: sono dannatamente stufo di questa storia, non mi interessa minimamente sapere cosa è successo a quella benedetta donna ( pace all'anima sua! ) e prego ogni santa notte affinchè questa fottuta indagine termini una volta per tutte e lasci alla storia principale lo spazio che si merita.
Ma invece, no. Sarebbe troppo bello. Mettiamoci di mezzo anche il padre di Spencer, anzi, così facciamo chiudere il Ridley!

Mi perdonerete, ma davvero, non se ne può più.

Nel frattempo, Ezra aka A, si sta godendo il meglio dei due mondi, tanto che a scuola sta parlando ai suoi alunni di "Dr Jekyll e Mr Hyde", la storia di una persona che racchiude in sè una parte sana e una corrotta, da un lato scienziato dal compartamento ineccepibile, dall'altro criminale e assassino spietato.
Vi ricorda qualcuno, eh? Che coincidenza!
Mona in particolare sembra essersi appasionata alla storia e va parlarne direttamente con il prof...
E' difficile fidarsi di lei, lo so, ma che abbia qualcosa in mente, questo è sicuro. La sua mente perversa sta lavorando, riesco a sentire il rumore degli ingranaggi in funzione nella sua scatola cranica, eppure non riesco ad immaginare di cosa si tratti.
Vuole smascherare Ezra? O piuttosto vuole unirsi a lui?
Una frase allusiva mi ha portato a protendere per quest'ultima possibilità, sebbene allo stesso tempo ella cerchi di minacciarlo o perlomeno dimostrarsi superiore e pericolosa.
Il professore dagli occhioni da trota, però, la mette momentaneamente K.O.
Ma, sinceramente, voi ce lo vedete a fare il cattivo?
Non è nelle sue vene! Quel faccino da orsacchiotto bastonato non si presta all'aria da "Bad Boy", piuttosto deve rimanere al sicuro in un piccolo e comodo appartamento, in pantofole e accappattoio, come è sempre stato, a blaterare di vecchi film e romanzi in procinto di scrittura.
Non è credibile, non per cattiveria, ma Ian Harding non ha proprio la fisicità, l'attitude per interpretare un ruolo del genere,
Chi si farebbe ingannare?

Aria, naturalmente! E chi altro?!
Lei non può resistere allo charme del pantofolaio e lo segue nel suo nuovo cottage in mezzo ai boschi.
Un posticino tranquillo, solo per loro due e qualunque cosa mostruosa sia quella che Ezra nasconde in maniera neanche troppo velata in una botola buia sotto il pavimento.
Ma dobbiamo capirla, ragazzi: Jake sta ancora dormendo sul divano da ben due puntate addietro!


Fine definitiva, invece, per la coppia Caleb ed Hanna.
Il tenebroso ragazzo è stato ormai fagocitato dalla cittadina di Ravenswood
e la bella non può che farsene una ragione.
Perdonerete la mia indifferenza a riguarda, ma non è un segreto che non ho mai sopportato Haleb.
Bella e intensa, comunque, la scena in cui Hanna si arrende all'evidenza: "E' così dunque che funziona? Se ne vanno e basta? 'Non sei tu, ma sono io' e sono fuori dalla porta?".

Pollici in su per questa puntata, vanno solo ad Emily: non ha un ruolo di grande rilievo, è vero, ma finalmente prende una decisione. Sceglie di liberarsi di Alison e lo fa con una forza estrema, proprio nel momento in cui sa che lei è ancora viva e sarà più difficile che mai.
Ma è stata via per troppo tempo, ha fatto troppo cose sbagliate, ha giocato già abbastanza con lei.
L'averla rivista non ha portato gioia, ma solo rancore.
E forse è quello che serviva per andare avanti e fare la scelta più giusta e razionale possibile.

Per il resto, non so davvero a cosa possa condurre questa "resurrezione" della queen bee Alison.
Nello scorso post mi ero detto contento a riguardo, ma ora sono un po' scettico.
Insomma, sono felice del fatto che un personaggio così perverso e interessante sia finalmente in ballo fisicamente, ma magari in questo modo la storia ha perso un po' del mistero e del paranormale che la rendeva così squisitamente inquietante e irresistibile un tempo.

La signora Di Laurentis, comunque, deve saperne qualcosa.
O si fa di droghe davvero pesanti oppure è consapevole del fatto che la sua adorata figliola sia ancora in circolazione.
Non mi bevo la storia dei sogni rivelatori.

A presto, cari lettori.
I migliori auguri per una prossima puntata degna della nostra attenzione. 

- Lorenzo ;)


lunedì 16 dicembre 2013

Recensione 'Cime Tempestose' - Emily Brontë


TITOLO: Cime Tempestose
TITOLO ORIGINALE: Wuthering Heights
AUTRICE: Emily Brontë

Per l'edizione segnalata dall'immagine qui accanto:

CASA EDITRICE: Mondadori
TOTALE PAGINE: 442
PREZZO: € 13,00







Eccomi qui, dopo tanto tempo, a scrivere una recensione che non avevo in programma, ma che, per uno strano senso di inquietudine che mi pervade da ieri sera, ho bisogno di buttare giù per liberare la mia mente.

Forse non lo sapete, perchè non ho mai avuto occasione di dirlo, ma in genere sono abbastanza restìo a parlare di classici della letteratura internazionale, non perchè li snobbi o li ritenga di poco conto, assolutamente, anzi, piuttosto perchè, proprio per via della loro grandezza, della loro fama e dei geni senza tempo che li hanno creati dalla loro penna, non mi sento abbastanza in grado nè credo di poter avere il diritto di commentarli in qualsiasi modo.

Per lo stesso motivo, non capita spesso che io legga classici, perchè quando lo faccio devo dedicare loro tutto il tempo che meritano. Mi spiego: sono convinto del fatto che i grandi signori della letterattura non vadano letti in fretta e furia e non solo come semplice espediente per ingannare il tempo.
Quando io leggo un libro del genere, voglio farlo attentamente, con una cura particolare che magari non riservo ad un romanzo normale che, per quanto possa essere incredibilmente bello, leggo fondamentalmente per piacere e per saziare la mia fame di carta stampata. Voglio analizzarlo, riuscire a prenderne qualcosa che mi accompagni per sempre, trarne un senso che sia ben definito nella mia mente e, soprattutto, capire perchè abbia così tanta fama e quali siano state le capacità del suo autore per consacrarlo alla sua categoria dei "senza tempo".

Ho le mie fisse, lo so, ma come tutti e non me ne vergogno.

Cime Tempestose, però, è un'eccezione. Una grande eccezione, perchè mai avrei pensato che potesse causare in me sentimenti così forti e contrastanti, che cercherò di analizzare e rendere ben comprensibili ( non solo a voi, ma anche a me ) nel corso della recensione.

Cercherò di non fare grandi spoiler per quanto riguarda la trama, sebbene in alcuni casi
sarà necessario per poter chiarire il mio punto di vista e, per quanto trattandosi di un classico i suoi eventi sono magari conosciuti ai più, non voglio in alcun modo proibire a chi non lo ha mai letto di scoprirlo pagina per pagina, da solo, sfogliandolo con le proprie mani.

Il fulcro della vicenda, ad ogni modo, è la storia d'amore fra i due protagonisti Catherine e Heathcliff, osteggiata a lungo da disparità di classe e cultura ( considerate che ci troviamo nella prima metà del 1800 ) e consumata in un tempo a dir poco fulmineo a causa della malattia e conseguente dipartita di lei.

Qui vi è già uno di quelli che è stato per me un punto dolente: la morte, costante e inevitabile, a scandire il ritmo della narrazione e segnare il passaggio ad una nuova fase della storia.
Sono consapevole del fatto che all'epoca non esistevano le moderne conoscenze mediche e scientifiche e che banali malattie fossero spesso letali, ma ( e in questo caso la colpa è solo mia ), non sono abituato a vedere scomparire i personaggi capitolo dopo capitolo, portati via da un fato avverso e capriccioso.
Ammetto comunque che si tratta di un espediente ad effetto per velocizzare la storia, che fa capolineo sempre quando quest'ultima è diventata troppo statica e non esiste più altra liberazione alle pene dei personaggi.

Una morte che, però, per la Brontë non è mai definitiva. In alcuni punti se ne parla addirittura come uno dei più alti traguardi per l'uomo, il quale, ovviamente dopo aver condotto una vita retta e senza alcun rimorso, può finalmente trovare la pace e abbracciare un nuovo stato di bene perfetto e assoluto, di cui si può soltanto gioire e da cui trovare consolazione per coloro che piangono il defunto.
In altri casi, invece,  la morte segna solo il passaggio dalla carne allo spirito, la fine della vita fisica a favore di quella ultraterrena e paranormale: i "fantasmi" di coloro che sono andati via non smettono mai di seguirci e farci sentire la loro presenza, da una parte a testimoniare come neanche la morte possa vincere l'amore, che è eterno, dall'altra a farci in qualche modo inquietare e spaventare dalla possibilità che il mondo non sia semplicemente concretezza, ma anche teatro di forze immense e superiori che non possono essere in alcun modo combattute.

L'intero romanzo, in realtà, è dominato da un dualismo di questo genere: rassegnazione contro speranza, impotenza contro voglia e dovere di combattere, razionalità contro follia...
Non mi vergogno ad ammettere che è proprio per questo che il libro mi ha lasciato incredibilmente confuso.
Più mi sforzavo, meno riuscivo a coglierne il senso.
Se per i tre quarti della storia ero convinto che la vita non fosse altro che una lotta inutile e destinata a causare solo dolore, gli ultimi capitoli hanno completamente rivoltato le mie supposizioni e aperto un'incredibile spiraglio di luce e speranza nel destino, capace di porre fine ad ogni sofferenza in un battito di ciglia per regalare giorni sereni e perfetti nella loro semplicità.

Ma, in fin dei conti, la vita non è forse questo? Una storia in cui non si riesce a trovare un senso, seppur ci danniamo per cercarlo.
Forse è per questo che non riesco a capire il libro, perchè, per colpa della mia debole natura umana, non sono in grado di accettare il fatto che la vita non abbia un piano preciso e già scritto, ma scorra liberamente e priva di alcuna razionalità o alto senso che gli si voglia dare.
Quel genio di Ludovico Ariosto ci era arrivato centinaia di anni prima da me.
E se questa appare come una verità troppo dura per me, voglio sintetizzarla in questo modo: la vita è difficile, ma bisogna avere la forza di non perdere mai la fiducia nel domani.

Tornando al romanzo, in generale ciò che mi ha lasciato più perplesso è l'amore stesso fra i due protagonisti.
In questo senso, infatti, sono rimasto deluso: mi aspettavo una storia d'amore di quelle più potenti e mozzafiato, tanto forti ed intense da investirci in pieno e lasciarci privi di senso per un po' di tempo.
Tutto ciò, invece, è mancato. Quello fra Catherine e Heathcliff è un amore fatto solo di belle parole e monologhi appassionati.
Sebbene fosse chiaro fin dall'inizio che fra i due, fin da piccoli, vi fosse un legame speciale, non vi sono momenti o scene che testimonino il grande affetto che i due proclamano di provare l'uno per l'altro, ad eccezione di un ultimo e appassionato momento di baci, abbracci e carezze poco prima che Catherine espiri
il suo ultimo soffio di fiato.
La sensazione che ho avuto è che si trattasse di un forte legame scambiato per amore: un sentimento importante, certo, ma non abbastanza da definirsi amore. Un preoccuparsi reciproco, un'amicizia indissolubile, ma, torno a ripetere, non un amore.
D'altra parte è un qualcosa che si consuma troppo, troppo in fretta, e che io davvero non riesco a definire.
Magari si potrà spiegare come una passione così ardente da non necessitare di uno sviluppo lento e progressivo, ma, se è così, io questa passione non l'ho individuata nel libro, se non nelle belle parole che i due si scambiano vicendevolmente.
Addirittura, nel caso di Heathcliff, l'ho visto come un amore subdolo, legato più al "possesso" dell'altra persona piuttosto che ad un vero e proprio desiderio. Una sorta di capriccio, nato dal bisogno di trionfare su quello che è il vero marito di Catherine, Linton, il quale forse è invece il vero uomo capace di provare per lei un affetto immenso e senza confini, che cresce con il tempo e non si esaurisce mai, che chiede solo il meglio per la propria amata.
Sicuramente si tratta di un'esagerazione da parte mia, ma, torno a dirlo, questa è stata la mia personale impressione.

Poi lasciatemelo dire: Heathcliff è uno dei personaggi più orribili che io abbia mai incontrato.
Prepotente, violento, perfido, crudele e calcolatore, egoista e gelido come una pietra.
Certo, la sua storia e la sua infanzia possono essere probabilmente la spiegazione di un tale carattere, ma non sono assolutamente una giustificazione ai suoi comportamenti. In alcun modo.
A mio parere, comunque, è così nella sua vera natura e ben poco sarebbe stato utile a scalfire la sua impenetrabile corazza.

Insomma, avrete capito ormai perchè Cime Tempestose mi ha preso così tanto.
Avevo parlato, all'inizio della recensione, di inquietudine. Sì, perchè è così che il libro mi ha lasciato: incredibilmente confuso, incapace di definire con precisione i mie pensieri a riguardo, attraversato da opinioni e sentimenti contrastanti. Inquieto, appunto.
E capite, allora, perchè ho fatto un'eccezione alla regola e discusso per la prima volta di un classico.
Da una parte, spero tantissimo di ricevere un'opinione da parte vosta, un feedback, un riscontro a quello che ho detto. Anzi, davvero desidero che qualcuno venga a dirmi: 'Sei un idiota completo, non hai capito niente del romanzo, io l'ho amato e ti spiego il perchè'.
Seriamente, non chiedo altro.

Cerco di concludere e mi perdonerete se mi sono dilungato troppo, ma avevo diverse cose da dire e ci tenevo a parlarne nel giusto modo: mi auguro di non avervi annoiato e di essere stato abbastanza chiaro.
Mi riservo, in questo caso, di dare un voto al libro, perchè non ne avrei alcuna autorità, ma, con la più piena sincerità, posso affermare che dire che il romanzo mi è piaciuto sarebbe una bugia bella e buona.
Tuttavia, sono contento di averlo letto e vi consiglio con tutto il cuore di farlo anche voi: non solo per farvi un'opinione a riguardo, ma anche perchè sono convinto che meriti attenzione e considerazione.
E inoltre è impressionante come, seppur non lo abbia amato, non è stato mai, e dico mai, pesante leggerlo, in nessun punto della narrazione.
Dunque, non indugiate oltre e correte a prenderlo.

Perchè sì, in fin dei conti è un grande romanzo, altrimenti non sarebbe stato in grado di suscitare così tanto turbamento e così tante riflessioni in me.

Vi lascio, con la speranza di farmi vivo presto grazie alla tranquillità delle vacanze natalizie.

- Lorenzo











mercoledì 23 ottobre 2013

Pretty Little Addiction #2 - "Grave New World" 4x13


 Rieccoci qui, dopo una lunga pausa, a commentare un "Halloween Special" che di speciale ha ben poco.

Puntata piuttosto noiosa e deludente, considerata l'attesa e la grande pubblicità che l'hanno preceduta: estremamente statica, non ha portato avanzamenti consistenti alla storia e, in alcuni punti, si è dimostrata anche scontata e piena di clichè.

Ma facciamo il punto della situazione.

Dunque, dunque...eravamo rimasti, più o meno due mesi fa, con due grandi rivelazioni: Alison ancora viva ed Ezra che soprendentemente abbandona la sua vita da divano e pantofole per rivelarsi A.
Ripartiamo con le nostre quattro ragazze che, dopo aver scoperto la verità su Ali dalla pseudo sensitiva Mrs Grunwald, sono di nuovo a Ravenswood per partecipare ad una festa esclusiva che la città, non accontentandosi delle sue atmosfere già abbastanza inquietanti, ha organizzato in un cimitero!
Ah, che grande idea: chi non ha mai sognato, almeno una volta nella vita, di mangiare stuzzicchini e ballare allegramente fra lapidi e mausolei al chiaro di luna?
Ma ecco che spunta Red Coat e le ragazze si fiondano subito nell'inseguimento, dando il via ad una serie di scene tipiche del peggiore dei film horror: passaggi segreti nascosti dietro a statue dagli ochhi sanguinanti, improvvise interruzioni di energia elettrica, sparizioni, la voce di Alison che grida da lontano, ambigue goccie di liquido rosso che colano dal soffitto e chi più ne ha più ne metta.
Hanna si perde e da' dello stupido al telefono, quando dovrebbe rendersi conto che forse entrare da soli in una cabina telefonica all'interno di una villa sconosciuta non è di certo una mossa intelligente...e fra l'altro, chi diavolo terrebbe in casa una cabina telefonica?
Spencer ingaggia una rissa con A nel suo fashionissimo scafandro, mentre Emily per poco non viene tranciata a metà da un'affilatissima finestra di vetro. Mi perdonerete per questa immagine orribile.
Tanto affanno per ritrovarsi davanti ad un registratore, quando tutti quanti, ad eccezione di quelle tre dementi di Spencer, Emily ed Aria, avevano capito che la voce di Alison era registarata fin dall'inizio.
Unica nota positiva della puntata, l'entrata in scena di Miranda, che comunque è in realtà il personaggio di un'altra serie ( era troppo intelligente per entrare a far parte del cast di Pretty Little Liars ).

Insomma, torno a ripeterlo: puntata estremamente noiosa in cui a dominare è il paranormale. Passaggi segreti che si aprono e chiudono da soli, improvvise folate di vento, personaggi vivi che si scopre essere morti ( vedi il tizio inquietantissimo seduto sull'autobus per Rosewood con l'occhio di vetro ) ecc.

Non che io non apprezzi questo genere di storie dai toni paranormali, anzi. Semplicemente mi da' fastido quando questi elementi vengoni inseriti, all'improvviso, in un contesto che fino a quel momento non ha mai toccato ambiti del genere.
Si tratta di coerenza, ragazzi.
E' come se si utilizzasse la magia per spiegare qualche scelta talmente assurda nella storia che non può essere giustificata in altro modo, non so se mi spiego.

Ad ogni modo, credo ( e spero ) che questa puntata sia sta un'eccezione.
Molto probabilmente si tratta di una scelta voluta, affinchè la puntata facesse da preparazione allo spin-off di Ravenswood ( che non ho ancora visto ma che sono sicuro mi piacerà ).

L'unica parte che ho apprezzato è stato il finale: scontatissimo, è vero, però finalmente abbiamo la certezza che Alison è viva e, lo ammetto, prima che si girasse per rivelare finalmente il suo volto, mi era presa un po' d'ansia, dopo quarantadue minuti di scene che avevo vissuto in totale apatia.
Se sono contento che sia viva?
Sì, lo sono.
Lo so, lo so, in questo modo la già incomprensibile trama si complicherà ancora di più, ma dalla primissima puntata della prima stagione ho sempre sperato che non fosse morta davvero. E anche voi, ne sono sicuro.
Quello di Alison è un personaggio così complesso che non può lasciare indifferenti.

Beh, in conclusione: raccogliete i vostri dubbi e metteteli da parte, perchè non avranno risposta fino alla
prossima puntata, a gennaio.
Un'altra lunga pausa, che spero, però, valga la pena.

A presto,

- Lorenzo :)

<< Vi sono mancata? >>
 

P.S. Che ne pensate della coppia Caleb/Miranda? A me piacciono molto, anche se sono di parte perchè ho sempre odiato Hanna e Caleb insieme.
Ci ha pensato proprio Hanna a risolvere il problema: ha lasciato il suo ragazzo in una cittadina sperduta con una persona appena conosciuta.
Ah, è sempre così saggia! ;)





giovedì 17 ottobre 2013

Recensione 'Garden' - Emma Romero



TITOLO: Garden
AUTRICE: Emma Romero
CASA EDITRICE: Mondadori
TOTALE PAGINE: 271
PREZZO: € 14,90
TRAMA: Il ritardo è negligenza. La negligenza è disordine. Il disordine è il seme della perdizione. Maite è tra le operaie più efficienti nella fabbrica in cui lavora. In fondo non ha scelta: se commettesse un'infrazione sarebbe punita con la morte. Maite coltiva in segreto la sua passione, il canto, e sogna di raggiungere il leggendario giardino alla fine del mondo, dove si narra vivano i ribelli in completa libertà e dove pare siano sopravvissute le lucciole. Perché il suo paese è diventato una prigione fredda e spoglia. Dopo una lunga guerra, l'Italia è stata divisa in Signorie e, per impedire il ritorno al caos, le arti e le scienze sono riservate a una casta di eletti, mentre gli esclusi sono condannati a una vita di obblighi e privazioni. L'unica fonte di svago è la Cerimonia, la grande festa celebrata per l'anniversario della Rinascita. Maite ha sempre voluto esibirsi su quel palco, ma il giorno in cui potrà finalmente ottenere il suo riscatto scoprirà che, in un paese che ha ucciso ogni speranza, anche dai sogni si può desiderare di fuggire... 

Un ammasso di automi, questo siamo diventati. Non credo fosse ciò che intendevano i nostri padri, quando dicevano che un giorno saremmo diventati grandi.

Garden è un romanzo chiaramente distopico, ambientato in un'Italia futura il cui governo ha cercato di ritornare allo splendore e alla ricchezza del Rinascimento, frammentando la penisola in numerose Signorie.

Il risultato ottenuto è però molto più vicino a quello di un totalitarismo e la rinascita in realtà è tale soltanto nelle frasi pompose e costruite che il presidente propina al popolo, per convincerlo della grandezza dell'epoca in cui sta vivendo.
Un'epoca che ha da tempo sconfitto la guerra, ma che costringe gli uomini ad una vita di sacrifici e lavoro, ad eccezione di una ristretta cerchia di cittadini privilegiati.

Il popolo non ha libertà di scelta: una Macchina dell'Assegnazione decide per ogni uomo il lavoro, lo spedisce in una delle imponenti fabbriche che dominano la periferia e tutto quello che gli è richiesto di fare è produrre, senza mai fermarsi, sopravvivendo di stenti e razionando cibo e acqua, mentre in Città si vive immersi nel lusso e nell'agio, protetti dall'aura del Palazzo del Governo e circondati da ben cinque recinzioni, dando vita ad una distinzione fra cittadini di serie A e B che non è soltanto giuridica e morale, ma anche fisica.

E se l'antico Rinascimento italiano è conosciuto per la sua fiorente e ricca attività artistica e culturale, nella nuova Italia rinata, l'arte è un privilegio che spetta a pochi scelti, individuati dalla Macchina dell'Assegnazione e subito spediti nella capitale per studiare e diventare professionisti.

Il canto, per Maite, è quasi un bisogno, un desiderio che non può essere soppresso. Ma sa quello che rischia se venisse scoperta e le uniche occasioni in cui può dare sfogo alla sua voce sono quelle in cui lavora nelle sale con in macchinari più rumorosi, abbastanza da coprire il suono che sfocia dalla sua bocca alle microspie disseminate ovunque.
La giovane vive la sua vita così come il governo vuole, nella signoria di Àmor ( la parola Roma letta al contrario ), fino a che la sua migliore amica Erika non viene catturata dai Giusti, le forze dell'ordine, e qualcosa in lei si spezza per sempre.

Garden è un romanzo ben costruito, che procede fluido e non manca di coinvolgere appieno il lettore.
Il linguaggio usato è semplice, ma molto suggestivo ed evocativo in alcuni casi, come ad esempio i sogni e le visioni di Maite.
Le descrizioni non sono molto particolareggiate, ma non si avverte nessuna mancanza in questo senso, in quanto ogni luogo è ben presentato e va riconosciuta all'autrice la grande capacità di riuscire caratterizzare i suoi personaggi in poche mosse: basta qualche parola, qualche gesto e si avverte la sensazione di conoscere per filo e per segno ognuno di essi.

Diverse sono le ragioni per cui il romanzo mi è piaciuto.
Innanzitutto perché per la prima volta mi trovo a leggere un libro distopico tutto italiano, che non ha nulla da invidiare a quelli americani più famosi, a cui sicuramente si ispira, ma aggiunge molti elementi innovativi e ben studiati.
Insomma, con Emma Romero comincia a rompersi l'egemonia dei distopici statunitensi di Collins, Roth, Lowry ecc.
È vero, la narrazione in prima persona ed alcuni dettagli ( evidente la somiglianza tra Cinna e Alfio ) ricordano lo stile di Hunger Games, ma Maite è molto diversa da Katniss e per questo mi piace di più.
Mentre la seconda è una persona molto pratica e concreta, che non si fa illusioni, Maite, seppure appare rassegnata e accetta la sua vita, in fondo non ha mai perso la speranza di riscattarsi, di realizzare il suo più grande desiderio e, soprattutto, non ha mai smesso di sognare il suo Giardino alla fine del mondo.
È una ragazza determinata, che pretende un futuro migliore per sé e combatte per ottenerlo.
E poi, finalmente un romanzo distopico in cui l'amore non è il fulcro della narrazione, dopo aver letto libri in cui viene analizzato e sviluppato fino a divenire più importante della trama stessa.
Riconosco l'esigenza della componente amorosa, in qualsiasi genere di storia, ma deve essere un'aggiunta, un attributo alla narrazione, che deve completare ma non oscurare.
Anche in Garden l'amore c'è, ma in una misura nuova, rispecchiando l'animo della protagonista: Maite ha sempre vissuto di sforzi e sacrifici, non ha mai conosciuto il desiderio per un'altra persona, non si è mai pottuta permettere di perdersi in dettagli che andassero oltre la sua sopravvivenza.
Adesso, per la prima volta, scopre qesto sentimento: non è passione, non è sensualità, è un amore che sboccia piano come un fiore in rpimavera, un amore timido, di chi è alle prime armi, con cui ci si approccia per la prima volta e non si ha alcuna idea di cosa significhi.
Questa scelta da parte dell'autrice l'ho trovata davvero bella e le va riconosciuta l'abilità con cui è riuscita a metterla in atto.

In conclusione, un romanzo che consiglio vivamente a tutti e che ha grandi possibilità di sviluppare un seguito degno a partire da un finale che non lascia altro che desiderare un'evoluzione della vicenda.

Vorto: 4/5.

Ragazzi, finalmente mi rifaccio vivo dopo molte settimane. Lo so, giustificarsi non serve a niente, ma mi sento in dovere di chiedervi scusa per la mia assenza, almeno quello.
Purtroppo gli impegni scolastici risucchiano la quasi totalità del mio tempo e, come ho già detto in altre occasioni, mi è impossibile garantire una presenza costante nel blog.
Quello che voglio dire è che non l'ho abbandonato e non ho intenzione di farlo, semplicemente i miei post saranno, per forza di cose, più sporadici.
Non passeranno mesi fra un articolo e l'altro, tranquilli: appena avrò tempo mi dedicherò alla pagina.
Il materiale non manca, sto facendo letture interessanti e altre mi aspettano in ostaggio sulla mia mensola, nonostante mi riesca di leggere solo la sera, prima di andare a dormire.
Tempo, tempo! Se solo le giornate fossero più lunghe!
Ma va bene, dai.
Spero stiate bene e se anche voi non conoscete più pace, abbiate pazienza: ci faremo forza insieme.
E mi raccomando: keep reading ;)
A presto,

- Lorenzo :) 

giovedì 19 settembre 2013

Bentornata routine!


 
Eccomi qui, a fare un po' il punto della situazione.
Come state?
Spero bene e mi auguro che il vostro rientro non sia stato troppo traumatico: che sia scuola o lavoro, facciamoci forza, siamo tutti sulla stessa barca!
Per quanto mi riguarda è passata quasi una settimana dal mio "back to school" ed è inutile dire che il cambiamento già si sente.
Certo per ora la situazione è ancora abbastanza tranquilla, ma non si può fermare il tempo.
Guardo fuori dalla finestra ed è già buio alle 19:30, la mattina quando esco devo mettere la felpa perchè si gela, il pomeriggio passa fra un esercizio di matematica, uno di chimica e dieci pagine di Boccaccio...
Insomma, mi avete capito. E so per certo che vi trovate nella mia stessa situazione.
Come avevo già scritto in un post a settembre dell'anno scorso, a me questa stagione piace, piace davvero.
Lo so che dovrei abbattermi per l'anno scolastico e la mole di studio che mi aspetta, ma quando penso a quello che deve venire, una parte di me non riesce a fare a meno di gioire.
Sono stupido?
Non credo.
Mi piace l'estate per la libertà che regala, ma amo l'autunno e l'inverno per le piccole cose che portano con sè.
Il tè caldo alla mattina e il caffè alle quattro il pomeriggio che dona l'energia per studiare, le coperte pesanti e il tepore insostituibile del proprio letto, i libri alla sera, prima di dormire, i minestroni e gli spezzatini di mia madre, scaldarsi davanti al camino acceso, preparare il ciobar e sentirsi cuochi provetti...
Sembreranno idiozie, ma sono proprio queste che mi fanno sorridere solo a pensarci.
Si esce di meno, è vero, ma quando lo si fa ci godiamo meglio il tempo speso fuori, proprio perchè non accade spesso e possiamo viverlo come un premio per aver superato indenni ( o quasi ) tutti i giorni precedenti.
Azarsi presto ogni mattina è dura, durissima. A volte preferirei prendermi un pugno in faccia pur di lasciare il letto, se solo questo mi concedesse l'opportunità di potermi girare e continuare a dormire dopo averlo ricevuto.
Puntualmente, quando suona la sveglia e apro gli occhi mi maledico per essermi coricato troppo tardi la sera precedente e mi riprometto di farlo prima quella che deve venire, ma alla fine non lo faccio mai e mi ritrovo punto a capo.
Andare a scuola, stare in classe per cinque ore.
Non è facile. Non lo è per niente, ma quando mi giro e vedo la mia compagna di banco che ride ad una mia battutta, quando tutti esultano insieme al "Niente compiti per la prossima volta", quando condividiamo insieme gioie e dolori, allora mi dico che ne vale la pena.

Certo, studiare deve avere come fine un obiettivo più grande, la realizzazione di se stessi.
Ma quando quello sembra così incredibilmente lontano e non si ha più la forza di combattere, sono queste piccole cose che ci danno una piccola spinta e ci rimettono in moto.
Ragazzi, è la routine. La solita noiosa, piacevole routine.
Torna ogni anno, non abbiamo scampo. Possiamo prenderla con filosofia e guardarne i lati positivi o possiamo sopportarla e soffrire per nove mesi, agognando l'arrivo del caldo e della stagione estiva.
Ma pensateci: dovendo fornteggiarla, non è meglio farlo considerandone i pro e facendo di quello che più ci piace di questo periodo il carburante per andare avanti?

Mi piacerebbe davvero sapere cosa avete in mente voi, invece.
Condividete la mia riflessione oppure no?

Mi duole dirvi che da questo momento la mia presenza sul blog sarà meno assidua: ho ripreso a studiare, fra una settimana ricomincio il corso di tennis e inutile dirvi che appena ho un momento libero, lo dedico ai miei amati libri.
Vi prometto in ogni caso che non vi abbandonerò, lo giuro! ;)
Questa settimana non ci sono recensioni, essendo ancora fermo alle letture segnalate sulla colonna qui a sinistra.
In realtà sono immerso nella lettura di una fan fiction che mi ha preso molto e dunque mi sto dedicando unicamente a quella, che ho scoperto su consiglio di un'amica.
Sto pensando di fare un post proprio sulle fan fiction, non ne sono sicuro, ma ho quest'idea in testa e non mi dispiacerebbe parlarne.

Insomma, mi farò vivo presto!
Nel frattempo, vi auguro un enorme in bocca al lupo per tutto.
Always stay strong :)

- Lorenzo




mercoledì 11 settembre 2013

Recensione 'La verità sul caso Harry Quebert' - Joël Dicker

TITOLO: La verità sul caso Harry Quebert
AUTORE: Joël Dicker
TOTALE PAGINE: 770
CASA EDITRICE: Bompiani
PREZZO: € 19,50
TRAMA: Estate 1975. Nola Kellergan, una ragazzina di 15 anni, scompare misteriosamente nella tranquilla cittadina di Aurora, New Hampshire. Le ricerche della polizia non danno alcun esito. Primavera 2008, New York. Marcus Goldman, giovane scrittore di successo, sta vivendo uno dei rischi del suo mestiere: è bloccato, non riesce a scrivere una sola riga del romanzo che da lì a poco dovrebbe consegnare al suo editore. Ma qualcosa di imprevisto accade nella sua vita: il suo amico e professore universitario Harry Ouebert, uno degli scrittori più stimati d'America, viene accusato di avere ucciso la giovane Nola Kellergan. Il cadavere della ragazza viene infatti ritrovato nel giardino della villa dello scrittore, a Goose Cove, poco fuori Aurora, sulle rive dell'oceano. Convinto dell'innocenza di Harry Ouebert, Marcus Goldman abbandona tutto e va nel New Hampshire per condurre la sua personale inchiesta. Marcus, dopo oltre trentanni deve dare risposta a una domanda: chi ha ucciso Nola Kellergan? E, naturalmente, deve scrivere un romanzo di grande successo. 


Marcus Goldman ha tutto: è ricco, famoso, partecipa alle feste più esclusive, frequenta le attrici più conosciute di Hollywood.
Il suo romanzo d'esordio lo ha portato dalle stalle alle stelle, lo ha fatto conoscere a tutto il popolo americano e lo ha reso uno scrittore di successo.
E' tutto meraviglioso, fino a quando la realtà non bussa alla sua porta e il suo agente ed editore gli ricordano che il contratto da lui firmato gli impone di rimettersi al lavoro e scrivere un nuovo libro.
Marcus, però, ha un problema. La "malattia dello scrittore" lo ha colpito e la sua penna non riesce a produrre più nulla.
Goldman si dispera, tormenta la sua testa affinchè partorisca nuove idee, ma niente da fare.
Decide così di cambiare aria e lascia il suo appartamento a New York per trasferirsi dal suo amico ed ex insegnate universitario Harry Quebert nella città di Aurora, nel New Hampshire, sperando che la tranquilla cittadina gli regali l'ispirazione.
Qui Marcus riscopre i piccoli piaceri della vita tranquilla e riallaccia il rapporto con Harry, che non vedeva da tempo, ma per quanto riguarda il romanzo, non produce niente.
Angosciato e rassegnato, torna allora nella metropoli, ma pochi giorni dopo una telefonata lo riporta ad Aurora: il cadavere di Nolla Kellergan, che risultava scomparsa dall'estate del 1975, è stato rinvenuto nel giardino della casa di Quebert ed Harry è il primo sospettato dell'omicidio.
Goldman molla tutto e corre in soccorso dell'amico. Sa che è innocente e farà di tutto per scagionarlo, persino improvvisarsi investigatore.

Inizia così "La verità sul caso Harry Quebert", libro che mi ha incollato alla pagina fino alla fine e mi ha lasciato con il fiato sospeso in più di un'occasione.
Quella di Goldman e Quebert è una storia di verità e menzogne, un'altalena costante fra presente e passato per scoprire cosa è successo alla piccola Nola e perchè. 

Dunque il romanzo si presenta come un giallo, ma in realtà riesce a mescolare più generi insieme senza appesantire la narrazione: infatti, il libro ha sì i temi tipici del giallo, ma allo stesso tempo anche i ritmi incalzanti e tesi del thriller e scene degne di un romanzo d'amore, anche se a volte un po' troppo melense.

La chiave della buona riuscita del romanzo, a mio parere, sta proprio nel suo ritmo incalzante.
Una volta cominciato, il lettore non può semttere di leggere, perchè si trova risucchiato in un vortice di segreti e rivelazioni che lo trascina fino all'ultima pagina.
La narrazione è un continuo salto temporale fra il 2008 e il 1975, stracolma di flashback che vedono protagonisti Harry Quebert e la quindicenne Nola prima della sua tragica scomparsa nella notte del 30 agosto.
Dunque ci si ritrova catapultati direttamente nel cuore della vicenda e l'autore ci costringe ad analizzare l'accaduto dal punto di vista di ogni personaggio.
Ciononostante, questi continui sbalzi non hanno l'effetto di confondere il lettore, bensì quello di coinvolgerlo ancora di più nella vicenda, che egli può vivere in prima persona.

I personaggi sono profondamente caratterizzati e analizzati sul piano psicologico, da quelli che compaiono di più nella vicenda e sono più coinvolti, come Tamara, Robert e Jenny Quinn, i proprietari della tavola calda Clark's del paese, a quelli che invece appaiono più sporadicamente, come l'editor di Goldman, Barnaski, o la madre dello scrittore, estremamente ignorante e soprattutto petulante, ma le cui conversazioni al telefono con il figlio fanno morire dalle risate, proprio perchè estremamente ridicole.

La figura che colpisce di più fra tutte, però, è quella di Nola.
Una ragzza quindicenne che tutti definiscono gioiosa, solare e piena di vita, ma che in realtà porta dentro di sè un animo tormentato.
Appare come una donna forte, saggia e matura, ma come tutte le ragazze della sua età è solo una ragazzina insicura che ha bisogno di aggrapparsi agli altri perchè ha paura della solitudine e perchè non conosce se stessa.
Nola è la vittima, il cadavere, l'unica certezza nel romanzo: una quindicenne brutalmente uccisa.
E invece è un personaggio che in realtà non muore mai, la cui presenza si avverte fino in fondo in ogni pagina del libro, anche quando non si parla di lei, anche quando non è nominata.
E' una figura incredibilmente ambigua, ma che possiede un qualcosa di indefinibile capace di stregare.
Forse perchè arriva ad un certo punto del racconto a  sembrare consapevole e calcolatrice, quando invece è soltanto una ragazzina fragile e spaventata dal mondo.
Non puoi fare a meno di amare Nola, di sentirla vicina, di provare il bisogno di entrare fisicamente nella storia per aiutarla, proteggerla e salvarla dalla sua tragica fine.

L'unico appunto che posso fare ad un libro così ben studiato e coinvolgnete, riguarda laparte finale.
Negli ultimi capitoli, leggendo, ho avvertito come una sensazione di "eccesso".
In poche parole, mi è sembrato che Dicker si fosse fatto prendere un po' la mano, esagerando nei colpi di scena dell'ultima parte.
Questo perchè si va ad aggiungere a quelle precedenti un numero ancora maggiore di rivelazioni, che sconvolgono molto di quanto scoperto fino a quel punto e fanno perdere parte della precisione che l'autore aveva prima utilizzato per giustificare ogni singolo evento.
In poche parole, il libro voleva regalrci un ultimo colpo di scena che fosse sconvolgente e rovesciasse tutto, ma proprio per questo la storia mi sembra portata ad un eccesso.
Lo stesso colpevole è un personaggio di cui non si sarebbe mai sopsettato e, a mio parere, il suo movente è un po' troppo "semplice", se posso usare questo termine.

Tirando le somme, comunque, vi consiglio caldamente di leggere "La verità sul caso Harry Quebert", anche a chi non è un particolare amante di storie del genere.
Vi farà arrabbiare, rimanere a bocca aperta, storcere il naso davanti a dettagli che non vi convincono, vi lascerà perplessi, ma mai indifferenti.
In un modo o nell'altro, vi conquisterà.

Voto: 4,5/5

- Lorenzo